© 2022 Marco Giuffrida
Librino, oltre i pregiudizi
Il progetto, sviluppato all’interno del quartiere di Librino, nella periferia della città di Catania, vuole volgere lo sguardo alle persone, soprattutto ai giovani e ai volontari, che vivono in questa difficile realtà. Ogni persona è ritratta tre volte: la prima foto raffigura l’immagine della persona che abbiamo davanti, vediamo i suoi tratti fisici, nient’altro di più; nella seconda foto tra il soggetto e la macchina fotografica si interpone il filtro del pregiudizio: appena sappiamo che quella persona proviene da un certo contesto sociale formuliamo un giudizio negativo perché ci facciamo influenzare da comuni stereotipi. Nel frattempo che noi la giudichiamo, la persona ritratta sorride e pensa ad un futuro diverso, attraverso il quale può riscattarsi. La terza foto è il vero e proprio riscatto che avviene attraverso la diffusione della bellezza artistica, punto d’incontro tra la coscienza dell’identità del luogo e i valori dell’impegno e della cittadinanza attiva. Per questa ultima foto è stata a scelta -non a caso -come location la Porta della Bellezza, realizzata dalla Fondazione Fiumara d’Arte, presieduta dal mecenate Antonio Presti, insieme alle scuole del quartiere, uno dei segni tangibili dell’impegno del mondo dell’arte per i quartieri più disagiati.
Critica di P. Pappalardo in occasione dell'esposizione del lavoro al XXV Etna Photo Meeting
Marco Giuffrida adopera la fotografia per somministrare a ognuno di noi una scossa benefica e salutare.
Grazie alle sue immagini riaffiora dal ciglio del mare dell’indifferenza un nome, “Librino”, che, purtroppo, porta con sé non la corrispondenza, o la condivisione, se preferite, della quotidiana difficoltà dell’esistenza - e, quindi, il confronto o la necessità di un incontro e di un convivium - ma porta con sé, l’idea di una diversità, di un lontano, di un diverso, di un altrove.
Ancor quando siamo consapevoli che la diversità sia opportunità di una maggiore ricchezza spirituale, nella circostanza preferiamo un ostracismo quasi a cercarci la ragione storica di un allontanamento, di una distrazione il cui dramma è sotto gli occhi di tutti.
Non analizzeremo qui le ragioni storiche, politiche e sociali di quanto è accaduto da quando fu voluta Librino, e di come sia cresciuta fino a oggi.
È evidente che Catania non l’ha sentita una figlia legittima della sua crescita, del suo sviluppo e l’ha messa sempre in disparte come il figlio nato storpio.
Storpio? Ma dov’è la maggiore disponibilità di verde pubblico? Dov’è la percentuale minore di assedio dal traffico? Dov’è la maggiore natalità? Possiamo definire questi dati “storpi”?
Posso convenire nel considerare questi dati ambigui, contraddittori, e sicuramente tali vicende convivono con realtà non positive ma, vivaddio, si convive sotto la luce dello stesso sole, insieme, e senza nascondersi nell’ombra del perbenismo e dell’ipocrisia.
Pertanto, il nostro fotografo si guarda intorno e cerca un’ermeneutica, cioè uno strumento per capire quel che vede, e lo trova in una “verità” vecchia quanto il cucco, di tutta evidenza, e a portata di mano: è il volto degli uomini e delle donne che vivono a Librino.
Uomini e donne che si mettono alle spalle la gloria di edifici pensati e realizzati per vincere premi di urbanistica; uomini e donne che non permettono all’ombra di cancellare la fisionomia dei loro volti e con sincerità e pulizia guardano al fotografo; uomini e donne che guardano proprio come fa il nostro autore: perché “guardare” è come fare la guardia, quindi, come avere cura del tempo e dello spazio che ci circonda.
Scampia a Napoli, lo Zen a Palermo, sono anche loro attraversati dalle brutture di una cronaca che giustamente ci preoccupa. Allora, dice il nostro amico, condividendo la filosofia di un cittadino di Librino, l’amico Presti, “cerchiamo la bellezza” e, per farlo, adoperiamo, inventiamo se occorre, strumenti vecchi e strumenti nuovi.
Uno c’è: “Guardare al volto dell’uomo, provarne a decifrarne il suo destino, capirne la relazione che ha con ognuno di noi; è essenziale per penetrare dentro la porta della bellezza, dentro il trittico della vita, della libertà, della pace”.
La proposta fotografica dell’autore va in consonanza con questo desiderio formulando un accordo per una nuova armonia dove Catania chiami Catania, oltre i pregiudizi, oltre le ipocrisie.
Pippo Pappalardo